Barriere coralline a rischio.


Una nuova minaccia è stata segnalata dalla ricerca dell'Istituto oceanografico di Woods Hole apparsa sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. L'acidificazione degli oceani renderebbe più complicato per i coralli costruire i loro scheletri: per acidificazione si intente il cambiamento chimico delle acque marine dovuto al maggior assorbimento di anidride carbonica. L'acidificazione degli oceani impedisce l'ispessimento dei coralli indebolendo gli scheletri corallini e diminuendo la loro densità: questo causa una maggiore vulnerabilità che può portare anche alla loro rottura. L'aumento di anidride carbonica negli oceani rende più ardua la reazione chimica che porta alla calcificazione da parte degli organismi marini: gli scheletri di corallo sono infatti composti da aragonite, composto di carbonato di calcio, la cui composizione varia notevolmente a seconda del livello di acidità dell'acqua. I ricercatori hanno realizzato un modello che simula il meccanismo di crescita dei coralli comparandolo con le variazioni previste nei livelli di acidità delle acque marine. 

Il quadro che emerge non è troppo incoraggiante: entro il 2100 l'impatto maggiore dell'acidificazione degli oceani si verificherà nella regione Indo-pacifica, con una riduzione fino al 20% della densità degli scheletri di corallo. Stiamo parlando di un'area considerata fondamentale per la biodiversità marina nel cosiddetto triangolo corallino (un'area che coinvolge Papua Nuova Guinea, Malesia, Indonesia, Filippine, Isole Salomone e Timor Est). Andrebbe invece meglio nel Mar Rosso, alle Hawaii e nei Caraibi dove il calo della densità degli scheletri di corallo è attesa sotto il 10%. Alla stessa conclusione dell'Istituto oceanografico di Woods Hole era arrivata, ben 5 anni fa, l'università della California.

«Gli ioni carbonato sono i mattoni di cui hanno bisogno gli scheletri per crescere. Quando il pH è inferiore al normale, i coralli devono usare più energia per accumulare questi blocchi carbonatici internamente. Come risultato, il tasso di calcificazione è più basso e provoca scheletri meno densi. Dobbiamo proteggere i coralli da altri fattori di stress, come l’inquinamento e la pesca eccessiva. Se siamo in grado di controllare queste, l’impatto di acidificazione degli oceani potrebbe non essere così male» aveva affermato la coautrice della ricerca Adina Paytan, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze Marine presso l’Università della California di Santa Cruz. Da molti anni vengono lanciati allarmi sulla tenuta della barriera corallina, senza impegni ambientali concreti però rischiano di rimanere lettera morta, come tutti gli allarmi lanciati nel tempo.




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